Il neurodesign è utile per migliorare il design dei prodotti e suscitare emozioni nuove nell’utente.
L’applicazione delle neuroscienze al design – per questo detto neurodesign – può essere utile ai professionisti perché fornisce interessanti spunti riguardo all’ottimizzazione del design di packaging e di prodotti.
Per esempio, quali sono le caratteristiche che rendono un prodotto “bello” dal nostro cervello? Che ruolo ha la multisensorialità nella progettazione del packaging?
Neurodesign: Cosa vuol dire multisensorialità
Per quanto riguarda il design di prodotti c’è un concetto chiave che deve essere tenuto in considerazione: quello della multisensorialità. Il motivo risiede nel fatto che l’esperienza che l’utente farà con un prodotto e la conseguente valutazione avverranno sulla base di una serie di stimoli sensoriali diversi che possono essere di natura visiva, tattile o olfattiva.
La product experience dipende anche da emozioni e sensazioni che il prodotto (o packaging) è in grado di suscitare nell’utente.
l’importanza di creare dei prodotti che siano in grado di comunicare le loro caratteristiche attraverso la stimolazione dei diversi sensi. Un esempio, presentato dall’esperta, è il packaging dell’aranciata “Orangina“. La bottiglia in questione è realizzata con un materiale ruvido al tatto e che a livello visivo richiama l’aspetto della buccia dell’arancia, comunicando in questo modo anche qualcosa sul sapore del prodotto e facendo leva su tre stimoli sensoriali diversi mediante un solo packaging.
A proposito di stimolazione tattile, Lucia Carriero ha analizzato l’effetto endownment, cioè la tendenza a «caricare affettivamente un oggetto e percepirlo come proprio» dopo averlo toccato o dopo aver semplicemente immaginato di toccarlo. Questo effetto può avere, dunque, una certa rilevanza in una strategia, poiché è spesso quello che genera la tentazione di comprare un prodotto dopo averlo visto da vicino o dopo averlo maneggiato all’interno del punto vendita.
La ricerca “Look but don’t touch: visual cues to surface structure drive somatosensory cortex“, fornisce alcuni spunti interessanti a riguardo. Gli scienziati hanno analizzato la risposta del cervello a superfici con caratteristiche specifiche. Sembra che il cervello è inconsciamente attratto da superfici con caratteristiche specifiche e in particolare da cose lucide e satinate.
Dunque, anche soltanto guardando un qualsiasi packaging o prodotto con questo tipo di superficie si verifica una maggiore attivazione della corteccia somatosensoriale e il cervello è portato ad anticipare il piacere associato al tocco di quell’oggetto.
Esistono, comunque, oggetti che di per sé invitano all’interazione, con un design che spinge all’azione. Parliamo di una maniglia di un mobile: vedere semplicemente questo elemento può stimolare le aree nel cervello legate ai movimenti della mano necessari per afferrare l’oggetto ed eseguire un’azione (in questo caso aprire un armadio o una scatola, per esempio).
Il consiglio per i designer è stimolare il movimento con il design.
Cosa definisce un oggetto bello? La valutazione di un prodotto migliora proprio quando si capisce l’azione da compiere su di esso, motivo per cui la presentazione dei prodotti all’interno di un contesto di interazione, cioè in cui ci sono delle persone che utilizzano l’oggetto, tende a essere più efficace rispetto a quando questo viene presentato da solo.
Nelle pubblicita’ e’ utile quindi far vedere come funzionano e come si usano.Un oggetto, allora, verrà percepito come “bello” in base al grado di affordance, cioè alla capacità di ispirare il movimento e spingere all’azione e alla manipolazione dello stesso. Un design ritenuto “bello”, comunque, deve essere anche in grado di stimolare i sensi e l’immaginazione tattile (attraverso le caratteristiche sopracitate come la ruvidezza o dei pattern specifici), così come l’emozione (sfruttando per esempio immagini con volti, parti del corpo, bambini o animali).
Misurare l’efficacia con il neuromarketing
Misurare l’efficacia è possibile, ricorrendo al neuromarketing grazie ancheall’eye tracking può essere utile se si intende valutare l’ergonomia di un design e la capacità del prodotto di stimolare l’immaginazione tattile spingendo l’utente al movimento. Per valutare ciò, è necessario verificare se le aree su l’utente posa lo sguardo per primo quando guarda l’oggetto sono quelle che consentono di realizzare la funzione per la quale esso è stato ideato. Così, per esempio, se si chiede a un utente di guardare un armadio e immaginare di aprirlo, lo sguardo dovrebbe posarsi prima sulla maniglia o comunque sulla parte che consente l’apertura.