La sostenibilità è un tema molto discusso negli ultimi anni. Tra la generazione Z e i Millenial molti comprerebbero abiti sostenibili, rispetto alle generazioni precedenti.
Anche perché negli ultimi anni proprio, molti brand dichiarano di essersi convertiti alla sostenibilità per ridurre l’impatto ambientale. Questo concetto si oppone ai brand che si occupano di fast fashion.
Esempi del fenomeno sono The North Face e Patagonia. I due brand si caratterizzano per una forte identità, mission e impegno alla sostenibilità ambientale, testimoniata dai loro fondatori, nonché attivisti ambientalisti.
Nel 2016, secondo il Guardian le vendite di Patagonia sono state di 800 milioni di dollari, il doppio del 2010. Per The North Face i ricavi sono stati di 2, 3 miliardi di dollari. Patagonia rispetto The North Face è un’azienda più piccola, ma sta crescendo più rapidamente. I ricavi vengono principalmente da quei prodotti indossati tutti i giorni: giacche a vento, leggins, pile e soprattutto piumini.
Patagonia e North Face boicottano Facebook
«Patagonia ha interrotto tutte le pubblicità a pagamento sulle piattaforme di Facebook nel giugno 2020 perché diffondono discorsi di odio e disinformazione sul cambiamento climatico e sulla nostra democrazia. Continuiamo a sostenere quel boicottaggio 16 mesi dopo. Questa decisione ha colpito il nostro business e le organizzazioni non profit ambientali che sosteniamo, le cui campagne beneficiano dell’amplificazione dei social media che noi finanziamo ed eseguiamo», si legge nel post.
Ma non solo, anche North Face ha partecipato alla campagna #StopHateforProfit, che combatte la diffusione di contenuti razzisti.
Facebook ha già fatto dichiarazioni contro queste accuse: “siamo già impegnati e lo saremo sempre di più a contrastare contenuti razzisti e violenti.”
Chi la spunterà tra loro? Intanto i due brand hanno comunque una forte presenza online nonostante il cattivo rapporto con Facebook.